venerdì 7 giugno 2013

Gemiliano Cabras

Un musicista rassomiglia allo strumento che suona anzi, diventa lui lo strumento di una meccanica elettrica e vegetale apparentemente inanimata che vive in simbiosi con le mani di un altro.
Un altro che diventa strumento, un altro che non è che il proseguimento di questo.
Una cosa sola, come la musica.
Non si possono dividere, è inutile cercare di trovare i confini, inutile pensare di circoscrivere il territorio, la musica è una ed una è adesso anche nel silenzio di te che possiamo sentire tra le preghiere e le lacrime, tra il dolore e l’assenza.
Ma cos'è questa se non musica? Cosa può essere questa vibrazione che ora ci avvolge tutto e risale  il nostro sentire come una fiamma: cosa se non musica?
Segni su un pentagramma e graffiti nell'anima, toniche e diminuite, globuli bianchi e rossi, tasti bianchi e neri, accenti e intervalli, cellule dello stesso corpo che a volte si esprime con un sorriso in altre con una variazione di tempo, con un impercettibile cambio di tempo che ci prende e ci porta dove non sono solo le orecchie ad ascoltare e neanche solo il cuore ma tutto ciò che vive e che batte , nella sinfonia perfetta.
 Anima e carne, sangue e respiro, ossa e legno temprate da mani esperte che sanno piegare gli elementi perché diventino una cosa sola, nuova.
Sto provando a suonare queste parole per te, Gemiliano, cercando tra le scale e i verbi, tra gli aggettivi e gli accordi, di scrivere qualcosa che in qualche modo arrivi fino a te. Sto suonando queste parole per te, per il crescendo del tuo silenzio che le accompagna senza perdere il tempo.
Non so se le ascolterei, non so deve sei, dove andrà il tuo orecchio, ma suono lo stesso.
Come per strada a passanti distratti, aspettando un sorriso e una moneta, come in un teatro davanti all'eleganza, aspettando l'applauso o i fischi, oppure in silenzio davanti al mare o alla terra mettendo queste  parole una dietro l’altra perché possano trovarti, in qualche modo trovarti.
Uno strumento ha il suo musicista, è donna che offre le sue corde, uomo che offre la sua cassa, è orecchio che si piega fino ad accostarsi alla bocca del suono che lo chiama, lo vuole lo pretende.
E così è la musica, il figlio generato dai fianchi della creazione, il codice genetico che diventa spartito, messaggio per il mondo, acido desossiribonucleico che si fonde con altri per generare nuova vita.
Solo una nuova vita nello sterminato palcoscenico dove ascolta, muta, l’umanità.

Michele Pio Ledda per Gemiliano Cabras.

7, giugno 2013

2 commenti:

  1. Gemiliano Cabras, il primo nome di bassista che ho imparato a conoscere e sentire quando ancora ero piccolo.comparivi fin dai primi tazenda, tu eri lo storico bassista dei tazenda. Contrabassista, docente... l'ultimo ricordo di te è legato a quella volta a Cabras quando dividemmo lo stesso palco in ricordo di Andrea Parodi, tra le tante parole che ci siamo detti, ti svelai il mio sogno di voler un giorno te come bassista, tu sorrisi e mi diedi una speranza prossima con un "perchè no?" ti mostravi umile.. grande persona, grande musicista. Un abbraccio

    RispondiElimina
  2. P.s. Michele, bellissime parole.. riesci sempre ad emozionarmi, ti voglio bene ciao

    RispondiElimina

Amico mio Come farò a scrivere le prossime parole sapendo che non le ascolterai con le orecchie il cuore e l’anima con cui nelle mille sere...