Anche i lavori alla Torre Centrale erano terminati. Dal suo punto
d'osservazione, Ur, poteva vedere le
costruzioni concentriche allungarsi verso la pianura come tanti cerchi che andavano disperdendosi lentamente nella
valle.
Azionò il dispositivo di richiamo, tanti piccoli sibili riempirono la
stanza, dopo qualche attimo, divennero voci perfettamente comprensibili.
- Mar, come va da voi?
- Tutto bene Ur, vuoi i controlli?
- No, volevo solo provare il collegamento.
- Ur, tutti i dati sono pronti, quando ti servono chiamali direttamente
sul computer.
- D'accordo, penso di farlo più tardi, adesso chiudo.
Disinserì il circuito, fuori, dalla finestra arrivavano decine di voci
e di suoni sconosciuti. Li riconosceva automaticamente: anche senza guardare
immaginava ghiandaie, colombacci, passeri ed altri volatili, contendersi nel
cielo, le rotte migliori e i venti giusti per salire più in alto.
Non aveva bisogno dei binocoli per contarli, ne della macchina
fotografiche, dopo tanti anni, i suoi occhi erano diventati binocolo e macchina
fotografica, niente poteva sfuggirgli, poteva classificarli uno ad uno senza
correre il rischio di sbagliare.
Sorrise mentre pensando queste cose, scorse le sue pubblicazioni, i
libri, le riviste di mezzo mondo che per anni si erano contese i suoi servizi e
che ora, in bell'ordine sullo scaffale, parevano dei reperti archeologici.
Tutto da rifare, tutto sbagliato, erano passati venticinque anni dal
Momento del Distacco, ventiquattro anni da quando aveva preso in mano il
comando delle operazioni, pittorescamente denominata,"l'Isola
Errante".
Ricordava quei giorni, ogni tanto ci ripensava ed aveva la malinconia
dello scienziato che vede il suo tempo finire e la sua scoperta allontanarsi.
Venticinque anni prima, seduto nella Range, la voce del suo capo aveva urlato
chiamandolo nel canale sette:
- Ur, torna immediatamente alla base!
- Cosa è successo?
- Da quanto manchi dalla Sardegna?
Aveva trasalito sentendo quel nome; lì, nel cuore dell'Africa dove
svolgeva il suo lavoro come biologo del Progetto Lion, a sentire quel nome
aveva avuto un tuffo al cuore. Due anni di deserto non erano riusciti a
cancellare le impressioni e i ricordi della sua permanenza in quell'isola,
ventiquattro mesi passati a classificare leoni e gazzelle, di colpo svanivano,
era come se mancasse da una vita da quell'isola.
- Perché mi fai questa domanda?
- Rientra al campo Ur, ci sono novità.
Si era lanciato in quelle piste di terra battuta con un brutto
presagio...Sardegna...quel nome spingeva sul pedale dell'acceleratore e
aumentava i battiti del suo cuore.
Fuori dal campo dove aveva sede il Comitato Internazionale di
Ouadagougoo, un funzionario che non aveva mai visto lo aspettava.
- Grazie per essere venuto subito, lei è Ur, vero?
- Sono io, che succede?
- Si tenga forte dottore, dia uno sguardo a queste schede dell'Istituto
Mondiale di Geofisica...Mi viene strano dirlo, ma guardi, sembra proprio che
quell'isola...si stia muovendo.
Dentro la sala da pranzo Ur aveva letto e riletto quelle schede, controllato
i grafici, fatto analizzare dal computer tutti i dati. Una, dieci, mille volte,
senza riuscire a credere a quello che le cifre, i rilievi del satellite e il
parere degli scienziati lo sanciva inequivocabilmente: l'isola si era staccata
dalla piattaforma continentale e si era messa in movimento.
- E' assolutamente pazzesco!!
- Peggio Ur, è una catastrofe. Secondo i dati del computer, se dovesse
proseguire a questo ritmo, l'isola entrerà in collisione con la penisola
italiana: sempre che nel frattempo non diventi un mucchio di meteoriti
galleggianti.
Ur si era guardato introno. Di colpo, l'Africa era sparita dalla sua
testa, dalle sue mani e dal suo sguardo; non sentiva più il caldo anzi, era
come se una presa di ghiaccio, lo avesse irrimediabilmente chiuso in una morsa.
- Cosa pensi di fare?
- Parto subito, posso?
- Devi, sapevo che saresti stato d'accordo, l'elicottero ti aspetta, ti
porterà fino all'aeroporto.
Dall'aereo che lo portava a Cagliari via Cairo- Palermo, guardava sotto
di lui e tutto gli pareva un sogno: neanche l'azzurra distesa del Mediterraneo
contribuì a rasserenarlo. Anzi, il mare così limpido, sembrava quasi deridere i
pensieri scuri che si agitavano nella sua testa.
Si era ritrovato all'aeroporto di Elmas senza rendersene conto. Dall'alto,
nulla faceva capire cosa stava accadendo, tutto sembrava normale, come il
giorno che era partito, esattamente ventitré mesi prima.
All'aeroporto visi che conosceva bene, amici, colleghi ed altri
sconosciuti, ma tutti con addosso la stessa espressione di stupore e di
sgomento.
Sembrava che tutti si aspettassero qualcosa dal suo arrivo, come se Ur,
avesse il rimedio o la soluzione. Ma il suo sgomento era tale, che per un
attimo gli sembrò di essere un ragazzino al suo primo campo di lavoro.
Semplicemente non sapeva né cosa fare ne da che parte sbattere la testa.
Parlava come un'automa, i colleghi lo ascoltavano, leggevano le loro
analisi, le loro tabelle.
- Voglio un rapporto completo, è possibile averlo per stasera?
- I dati sono a tua completa disposizione.
Aveva esaminato, insieme ai colleghi dei vari settori, tutte le
risultanze, in particolare le conseguenze che ne erano derivate per la
popolazione. Lo spostamento, continuo e impercettibile dell'isola, aveva
provocato negli abitanti, nuove e preoccupanti patologie. Scompensi cardiaci,
malattie all'apparato respiratorio, disturbi al sistema vascolare, erano
aumentati a dismisura. Gli ospedali non erano più in grado di ricoverare
nessuno, tutta l'isola era diventata un ospedale da campo ma anche l'Esercito e
la Protezione Civile non potevano più di tanto
- Ur, non si riesce a tenere a bada la gente.
Il funzionario della Protezione Civile faceva scorrere i dati nel
monitor, Ur li osservava senza commentare.
- Non possiamo creare due milioni di posti letto.
- Già, bisogna sgombrare l'isola.
Venticinque anni prima, davanti a quel monitor ricordava ancora le
espressioni che avevano accolto la sua affermazione: il silenzio che era
piombato in quella sala d'attesa dell'aeroporto trasformata in sede operativa.
Ma gli altri non si erano accorti che era stato lui il primo a stupirsi di
quella sua stessa affermazione.
- Ur, ti rendi conto di cosa vuol dire?
- Perfettamente.
- Stiamo parlando di fare evacuare due milioni di persone, due milioni
Ur!!! Credi che abbia la bacchetta magica?
- Questi sono fatti tuoi, arrangiati, porta via tutta la gente Walter,
se non vuoi vederla cadavere: vuoi le previsioni di mortalità? Leggi.
Nell'attimo di panico silenzioso che
aveva fatto da cornice alle sue parole, Ur aveva avuto tutto il tempo
per rendersi conto della situazione. Era stato un po' come il silenzio del suo
capanno, da dove, per ore, aspettava l'arrivo dei rapaci, sentiva ugualmente
l'odore delle carogne del carnaio e quel silenzio osceno, di chi trattiene il
respiro.
Più tardi, nelle strette curve che martoriavano il Sarrabus, incollato
alla macchina, aveva sfogato tutta la sua angoscia e la sua impotenza. Cosa
avrebbe fatto dopo che tutta la gente sarebbe stata evacuata? Da dove bisognava
iniziare, da cosa partire, cosa studiare? Dentro di lui, gli interrogativi si
stratificavano, si solidificavano e diventavano impenetrabili. Non aveva nulla
del suo passato al quale aggrapparsi e dal quale ricevere il conforto di una
risposta. Un antico sentimento di sconforto prendeva il sopravvento, come se
qualcuno, di colpo, avesse spazzato via dalla sua testa, tutti i suoi pensieri.
Non riusciva a crederlo eppure, sotto di lui, a qualche chilometro
dalle ruote della macchina, quell'enorme scoglio emerso dal mare milioni di
anni fa si stava scrollando di dosso il superfluo e andava per i fatti suoi.
Come un dinosauro chiuso nei ghiacci per millenni, improvvisamente , aveva
ripreso a muoversi e a liberarsi di quel guscio freddo che lo aveva preservato
per tanto tempo e protetto dalla furia degli anni.
Aveva fermato istintivamente la macchina, in un punto di quel paesaggio
che amava profondamente e lì, tra le rocce del Salto dell'Angelo, tra gli
incubi di pietra che riassumevano i vuoti e le erosioni della storia dell'uomo,
aveva pianto.
L'esodo era durato quasi un anno. Prima erano stati evacuati i malati,
poi, via via, tutti gli altri abitanti. Non mancarono i momenti di panico,
quando fu ufficialmente dichiarato lo stato di calamità naturale scoppiò, come
prevedibile, la sindrome da esodo, tutti di colpo volevano trovare posto nelle
centinaia di unità messe a disposizione dall'Esercito, Marina, Aviazione, ma
anche, mezzi della CEE e di tutte le organizzazioni mondiali. Nonostante questo
colossale dispiego di navi e aerei, le banchine e gli aeroporti scoppiavano di
gente: fu un problema nel problema.
Chi poteva, ricorreva a mezzi propri per lasciare l'isola, ma questo,
creava solo altri problemi: a volte, le navi erano costrette a cambiamenti di
rotta, per raccogliere i naufraghi delle piccole imbarcazioni che non avevano
nessuna possibilità di raggiungere la penisola.
Le città si erano svuotate rapidamente, così i paesi, anche quelli più
sperduti. La gente lasciava tutto dietro di sé non portavano via nulla, neanche
il cibo per il viaggio. Nei mezzi di trasporto non c'era posto per i bagagli,
c'è n'era appena per la gente. Ma il vero problema era dove sistemare i
profughi. Nonostante le offerte di alloggio venute da ogni parte d'Italia e dal
resto del mondo, i posti erano insufficienti. Gli alberghi venivano requisiti,
i villaggi turistici, le Comunità e qualunque cosa somigliasse ad una casa
diventava un miraggio. Ma c'era un altro problema: cosa avrebbe fatto adesso,
quel popolo strappato alla sua terra? Dove e come avrebbe continuato a vivere
secondo le sue regole, le sue tradizioni e la sua storia. Ci sarebbero volute
un paio di generazioni per dimenticare una storia millenaria oppure, quel
popolo, come quello israelita, avrebbe continuato ad errare nel Mondo?
Troppe domande nella testa di Ur, troppe decisioni da prendere, troppi
silenzi,
- Secondo i miei calcoli abbiamo trentasei mesi di tempo per
intervenire, dopo, né aerei né navi, potranno attraccare o atterrare su questo
suolo.
Il Delegato francese, uno dei pochi tecnici a cui Ur aveva
consentito di restare al Comitato
Permanente, aveva portato i suoi rilevi e le spiegava servendosi del grande
monitor che era stato approntato nella sede operativa dei comandi, sotto Bruncu
Spina.
- Come pensi di iniziare?
- Voglio fare dei rilevamenti alla base della Piattaforma Continentale,
dobbiamo conoscere la misura esatta dello spostamento.
- Vuoi vedere i dati riguardanti le principali zone dell'isola? E'
molto strano, nella roccia, anche ad alte profondità, non c'è nessun principio
di cedimento, niente. Non abbiamo trovato una sola crepa... E' come se tutta la
massa dell'isola si spostasse contemporaneamente, come scivolasse sull'olio.
Stessa velocità in tutti i punti, stessa massa. Non c'è niente di anomalo nei
corsi d'acqua, idem nelle piante e poi, senti questa Ur, sugli animali, tutto
ciò, non provoca nessun fenomeno, non lo sentono!!! Solo nell'uomo crea
patologie, ci credi?
- Lo avevo notato anche io Jean, ma non ne ero sicuro; lo spostamento è
globale. Non produce nessun effetto sull'ambiente; solo le costruzioni nuove o
recenti vengono giù tranne, beh, credimi, questo è proprio curioso, nuraghi,
domus de janas, capanne in fango e paglia, tempi nuragici.....Non si sono mosse
di un millimetro.
- Ur, cosa sta succedendo?
- E' molto semplice Jean, la terra sta scegliendo o forse ha già
scelto, i suoi futuri compagni di viaggio
Venti cinque anni dopo, il volto di Jean non aveva perso i bei
lineamenti transalpini, le rughe aveva risparmiato il suo volto, ma non
rasserenato, la tristezza nervosa di quei giorni che ricordavano insieme, più
di una volta.
- Ur, la Sardegna è sicuramente una delle terre più antiche che si
conoscono. Tranne il Paleozoico, nella sua
superficie, abbiamo rinvenuto le tracce di tutte le Ere. La Sardegna era
un'isola ben definita, già quando la pianura padana era una palude sconfinata.
Non abbiamo fenomeni vulcanici, ma tutto intorno a noi è un vulcano spento. Non
abbiamo terremoti, maremoti; dal punto di vista geologico è una terra
consolidata. Non abbiamo mai riscontrato nessun fenomeno che facesse presagire
quello che è accaduto. Ur, stiamo buttando via il lavoro di centinaia di
studiosi, anche il nostro.
- Non è vero Jean, questa è invece la conferma dei nostri studi.
- Cosa vuoi dire?
- Jean, siamo davanti ad un fenomeno unico: siamo alla fine del ciclo.
Paleozoico, Mesozoico, Cenozoico, Quaternario, non ti sembra che manca
qualcosa? L'Archeozoico, esatto. Questa Terra ha completato il suo ciclo, si
rimette in movimento, sta partendo da zero. Punto e capo, siamo davanti ad una
nuova Era, ad un Nuovo Archeozoico e ad una nuova Evoluzione.
L'Uomo non c'era quando la massa terrestre ha iniziato a solidificarsi.
Non c'era ma ha iniziato subito a frugare nei suoi misteri. Ha studiato i suoi
passi, ha scavato nella sua memoria di milioni di anni, trovando spiegazioni,
supponendole, inventandosele quando neanche l'Uranio 14 era sufficiente per
stabilire una data attendibile.
- Ur, stai parlando della nostra teoria sulla deriva dei
continenti!?!?!
- Già, se volevi una conferma, eccoti servito.
-Ma non è logico, non ci sono elementi comuni con le zone che abbiamo
studiato, non è logico!!- Perché dovrebbe averne? Chi ti dice che la vera
logica sia la nostra? C'è forse una logica nella faglia di S. Andrea, nei
vulcani del Pacifico, nelle pietre dell'Himalaya? Non credi che oltre la
nostra, ci sia una logica della Terra che non ci è dato di conoscere?
- Ur, vuoi dire che siamo alla resa dei conti?
- No, Jean, voglio dire che il meccanismo non si è mai fermato e che
adesso, semplicemente, possiamo sentirlo, studiarlo, subirlo
- Ur, tutto ciò è pazzesco
- No, è solo consequenziale. Vedi, quest'isola, come tu stesso hai
detto, ha una sua struttura definita: presenta tutte le caratteristiche delle
varie ere. E' come un gigantesco catalogo dove, il Periodo Cambrico convive col
Giura, col Silurico, col Pleistocene. E' difficile trovare un altro posto della
terra che abbia, in così poco spazio, tutto questo campionario. Siamo seduti su
di una mappa geologica che il tempo ha pazientemente disegnato, millennio dopo
millennio. Adesso, il Tempo, sta scrivendo una nuova parte, qualcosa che ancora
non riusciamo a decifrare e che forse, non avremo neanche il tempo di
osservare.
Venticinque anni dopo, nel suo laboratorio, Ur pensava queste cose.
Ancora una volta aveva il tempo per ripassare tutto quello che era accaduto nel
frattempo. Poteva farlo ed insieme, guardare, tutto quello che era riuscito a
costruire...Già, le nuove costruzioni adesso erano state ultimate e la sua idea
realizzata appieno.
La sua non era stata solo un'idea geniale ma anche un grande atto di
amore verso quella terra e quell'accadimento - questo era servito per dare a
lui e ai suoi collaboratori, la possibilità di un riparo e di un punto di
riferimento stabile e sicuro: Ur si era
messo a costruire nuraghi.
Se quelle costruzioni resistevano al Movimento, perché non costruirne
degli altri? Lui amava i nuraghi, aveva passato mesi a studiarli, a carpirne il
segreto architettonico. Mesi passati a S. Sabina, a Losa, S'Aspru, a rovistare
tra le grandi e misteriose costruzioni, fino ad assimilare le tecniche, il
senso e il segreto di quei pacifici e giganti insediamenti.
Non era stato facile abitarli, renderli confortevoli nel minimo, ma
dopo qualche tempo, tutti si erano abituati. Ora, la catena che lui aveva
immaginato si era completata, dal suo osservatorio, guardava, compiaciuto le
torri. Anche se non riusciva a vederli tutti, lui sapeva che quella catena si
inseguiva, perdendosi in tutti i punti nevralgici dell'isola. In poco tempo le
informazioni potevano passare sa un punto all'altro, senza che niente potesse
interferire nelle comunicazioni, ma, soprattutto, poteva sempre, in caso di
bisogno, creare una comunicazione a vista.
Ma in venticinque anni molte altre cose erano cambiate: la Natura aveva
preso il sopravvento. Lecci, Tassi, Agrifogli: altre piante un tempo
praticamente estinte, avevano ripreso lentamente a crescere. Di fatto, in
venticinque anni, alberi, arbusti e malerbe, si erano riprese lo spazio
originario.
Dove prima passavano chilometri di strade e di asfalti, che avevano
nascosto la terra, ora, non restavano che pochi sassolini scuri raggrumati e
già coperti di muschio e licheni ed altri endemismi, ciò che un tempo era
minacciato di estinzione, adesso, era diventato il padrone assoluto.
L'isola non aveva più nessun collegamento ufficiale con la penisola:
solo gli elicotteri e qualche piccolo aereo attrezzato per le piste corte,
poteva ogni tanto atterrare su quel suolo. Le navi ormeggiavano al largo, il
fondale, sempre più basso non permetteva di avvicinarsi a terra- sembrava che
l'isola volesse fagocitare ogni tentativo di approccio.
Ma, il vero problema del ritorno
dell'uomo non era stato risolto e non poteva essere.
Solo raramente Ur si spostava con la macchina, anche se ormai si era
abituato a guidare su sentieri impossibili, si spostava sempre più raramente. A
volte usava l'elicottero, ma dopo qualche anno, non fu più necessario; la soluzione dei nuraghi
parlanti si era rivelata molto più efficace del previsto, soprattutto gli
permetteva di avere il quadro della situazione, senza spostarsi più di tanto.
I nuraghi erano state una delle sue passioni giovanili. Lì aveva
studiati uno per uno, cercando di capire il loro segreto. Aveva certe sue
teorie che si era ben guardato di pubblicare in libri o riviste. Amava i
nuraghi, la loro natura e origine pacifica. Sicuramente, nella storia
dell'umanità, erano state tra le poche costruzioni nate per non offendere,
forse solo per dare rifugio ai primi uomini che popolavano l'isola. Li amava,
per quel loro esser grandi senza essere invadenti; per il loro fondersi con
l'ambiente senza alterarlo. Forse, gli uomini che lo avevano ideato, venivano
veramente da un altro pianeta o forse, più semplicemente, erano uomini la cui
coscienza e conoscenza era avanti nei secoli, ma tra tutti i parametri, quello
del tempo, per una sua filosofia ben precisa, era il meno indicativo.
Quando aveva scoperto il segreto del foro centrale, il passaggio nella
Luce, posto alla sommità della costruzione, non aveva esultato o fatto chissà
quali dichiarazioni, semplicemente lo aveva accettato e se lo era tenuto per
se, senza modificare minimamente la sua vita. Era entrato il contatto con la
storia di quel popolo, lui aveva proseguito il loro discorso, come se quel
popolo non fosse mai sparito dalla terra, anzi, proprio come se lui fosse,
semplicemente, uno di loro.
Lo era veramente.
Era successo dopo la scoperta che aveva deciso di lasciare l'isola, la
tentazione di percorrere quel sentiero che aveva scoperto era stata fortissima,
non voleva che nessun altro se ne impadronisse. Poi aveva capito, la cosa
migliore era chiudere il discorso, non poteva certo comunicare al mondo,
che attraverso quel foro, meglio quella
porta, si entrava in contatto con un'altra dimensione...
Lui lo aveva provato sulla sua persona, dopo il primo viaggio, aveva
deciso di costruire altri nuraghi, altri passaggi che un domani, dessero a
tutti la possibilità di fare il Grande Salto. Ma ancora tutto ciò era
prematuro, il segreto doveva restare tale fino a quando altri accadimenti ne
avessero giustificato la sua diffusione.
L'Uomo non doveva sparire, doveva semplicemente cambiare stato.
Intanto, l'urto, la collisione col Continente non c'era stata, le
previsioni dei computer cambiavano in continuazione. Il Movimento seguiva una
sua logica particolare.
L'isola andava alla deriva ora
verso est, ora verso ovest: lo spostamento durava un anno, a volte sei mesi,
poi si interrompeva, stallava per qualche tempo e infine riprendeva, seguendo
un'altra direzione senza che, con un certo anticipo, fosse possibile prevedere
quale.
Nessun computer aveva informazioni sufficienti per elaborare una
risposta.
- Ur, sembra che l'isola non abbia le idee molto chiare.
- Forse, ma credo che segua una deriva ben precisa.
- Credi che stia cercando la rotta giusta?
- Si, credo che le stia provando tutte.
- Non scherzare....
- Va bene, la verità è che non ci capisco più niente.
- Mi dispiace, non ti credo.
- Questo non cambia niente, non è a me che devi credere.
I loro discorsi furono interrotti dalle grida di una comunità di
Garzette e di Cavalieri d' Italia che
volavano in direzione Sud- Ovest. Guardando il volo entrambi notarono che il
loro numero era aumentato considerevolmente dall'ultima volta in cui gli avevano
visti passare.
Aumentavano continuamente anche le altre comunità ospiti che tali ormai
non potevano più essere considerate, visto che avevano scelto l'isola come
dimora fissa. Veramente era stato proprio Ur ad incoraggiare questa situazione.
Qualche anno prima, una coppia di pappagalli, liberati da Ur, si erano
riprodotti fino a diventare una comunità rilevante. Allora aveva provato con
altre specie e i risultati erano stati inquietanti. Marr aveva segnalato che
nelle nuove foreste del Salto di Quirra, una coppia di scimmie aveva avuto un
piccolo.
- Ur, hai informato il Comitato?.
- No, e non voglio che lo sappiano: ormai tutti sono convinti che qui,
non ci sia più nulla da fare o da vedere, lasciamo che lo credano. Marr, siamo
dentro una nuova arca di Noé, ma è meglio non dirlo in giro, ti immagini quanta
gente verrebbe a curiosare?
Forse era diventato troppo vecchio, ma lui, considerava quella come la
sua isola, non tollerava la presenza di estranei. il modo migliore per tenere
la gente alla larga era quello di diffondere notizie poco attendibili o di non
diffonderne affatto.
Qualcuno, ogni tanto, cercava di entrare, ma non c'era bisogno di
seguirlo o tantomeno di scacciarlo; il malessere e il panico che invadevano il
visitatore era tale che era lui stesso a presentarsi spontaneamente ai centri
di raccolta.
I magazzini in breve, si erano riempiti di ogni sorta di armi, fucili,
pistole, archi, balestre, lacci d'acciaio e ogni altro tipo di trappole
infernali si erano ammucchiate nel magazzino - non c'era bisogno di mettere
guardie, il meccanismo di autodifesa dell'isola funzionava benissimo
automaticamente.
Non erano riusciti a scoprire perché gli animali non risentissero dello
spostamento: eppure molti di essi, avevano la stessa fisiologia dell'uomo.. Com'era
che lui, Marr, Jean e gli altri, avevano superato questa situazione di
malessere?
- Credi che siamo speciali?
-Non credo Marr, abbia organi di senso più o meno uguali, ci
riproduciamo nello stesso modo, non basta come spiegazione.
-Non capisco come, animali che sono in grado di percepire terremoti,
fasi lunari, basse maree, non sentano questo spostamento.
- E se lo sentissero?
- Come?
- Si, ammettiamo che lo sentano e che non influisca sul loro organismo.
- Vuoi dire che non lo leggono come una situazione di pericolo?
- Esattamente; altrimenti non si spiegherebbe il loro proliferare,
guarda qui, lo riconosci?
Ur aveva preso una foto dal mazzo che teneva in mano.
- Esatto, Geotrione Sardo, estinto di fatto nel 1990, la foto è di due
mesi fa, questo è il resto del gruppo, dieci esemplari: che ne dici?
- E' assolutamente pazzesco!!!
- No Marr, è semplicemente meraviglioso, guarda queste.
Ur, faceva scorrere sotto gli occhi esterrefatti di Marr una sequenza
eccezionale di immagini, di colpo
apparvero Aquile Reali, del Bonelli, Falchi Pellegrini, Grifoni, Gipeti, Foche
Monache, Cervi, Daini ed altre specie animali, un tempo estinte. Animali che la
scienza ufficiale poteva solo studiare nei filmati d'epoca o nelle immagini
virtuali dei computer e che invece erano ad un passo da loro in un mondo
Animale e Vegetale che esplodeva in una vitalità che nessuno ancora sapeva e che, secondo Ur,
nessuno doveva sapere.
- Sono lì fuori Marr, capisci? Non si nascondono, non hanno paura,
capisci cosa voglio dire?
Marr guardava il suo amico. Gli occhi lucidi, cerchiati di lacrime,
avevano la forza terrificante di chi ha visto quella terra prima sparire e ora
riprendersi. Marr guardava i suoi capelli biondi velati di bianco. Le labbra
asciugate dal vento e dal sole di tutti i giorni passati a camminare su ogni
tipo di piste e ogni tipo di condizione come se, tutta l'acqua del mondo adesso
si fosse asciugata su quelle labbra e avesse lasciato solo, un leggerissimo
velo bianco.
Era invecchiato lentamente, come se il Tempo avesse voluto risparmiare
i suoi lineamenti e far durare a lungo, il suo sogno.
- Allora siamo su di Arca?
- Praticamente, solo che non sappiamo, quando ci sarà il Diluvio.
- Pensi che ci sarà?
- Credo proprio di sì, queste sono solo le prime gocce.
Aveva rimesso a posto le foto, non doveva vederle nessuno: anzi, si
chiedeva: era stato proprio necessario farle? Se fossero entrate in mano del
Comitato, avrebbero voluto saperne di più, avrebbero voluto vedere, indagare,
verificare... Meglio lasciar perdere, tutti dovevano credere che in
quell'isola, non c'era più nulla da vedere.
Dovevano convincersi che tutto andava bene, che era tutto ok.
Intanto, nell'opinione pubblica mondiale, l'interesse era via via
scemato. L'impatto non c'era stato e questo aveva fatto dimenticare le altre
emergenze. Di fatto non era possibile creare nell'isola altri insediamenti
umani, così l'isola era nelle mani di Ur.
L'ultimo imperatore di un regno fantasma.
Sorrise.
Dalla sommità della Torre Centrale, nella terrazza ricavata nella
pietra, era come se i 23.813 km quadrati dell'isola ruotassero intorno a lui.
La linea delle Barbagie si stagliava nel verde dei boschi e sull'azzurro del
cielo. Sembrava tutto finto ed irreale. I suoni della Natura si sovrapponevano ai
suoi pensieri, si sentiva soffocare come se milioni di foglie si decomponessero
nella sua testa.
- Marr, inizio anche io a sentirmi un estraneo, mi sembra che non ci
sia più posto per l'uomo. Abbiamo sbagliato troppe volte nei confronti della
terra ora non possiamo più tornare indietro. anche la nostra presenza è
superflua, mi spighi cosa continuiamo a fare qui.
Passeggiava nel terrazzo, non
sentiva la presenza di Marr, né delle altre forme di vita che vociavano intorno
a lui. Sentiva solo un vuoto enorme crescere nel suo cuore.
Come davanti a un baratro, la sua memoria elaborava una via di fuga,
una risposta che mettesse a tacere quelle sensazioni. Si sentiva solo,
probabilmente come solo non si era mai sentito neanche l'uomo apparso per la
prima volta sulla terra, cinquemila anni fa. Cosa aveva pensato, provato e
deciso, il primo giorno in cui era riuscito a tirare su la schiena e a
camminare eretto?
Intorno a lui, le tracce del passaggio erano sparite, così come erano
spariti i centri abitati. Solo boschi distese verdi che si perdevano nella
linea dei monti e nella nebbia sottile dell'orizzonte.
Davanti a lui, come in un film, scorrevano le immagini di un sogno,
aveva ancora il diritto di guardare o era lui stesso un intruso?
Dove erano finite le città, i paesi e quel popolo misterioso, duro e
silenzioso come i suoi riti quotidiani?
- Siamo superflui Marr, perfettamente superflui.
Il cielo si tingeva delle luci del tramonto, guardava il sole,
lasciando che il disco rosso che svaniva, dilaniasse i suoi occhi e i suoi
cinquantasei anni.
Intorno non c'era nessuna traccia d'uomo, niente che lo ricordasse o
reclamasse la sua presenza. C'era solo un muro verde che inghiottiva tutto. I
richiami degli animali, i loro strilli, i loro suoni, erano un alfabeto sconosciuto
che non avrebbero mai imparato. Animali che vivevano, si amavano e si
riproducevano ignari di quanto stava accadendo.
L'evoluzione era come un puzzle i cui tasselli combaciavano e davano
origine a nuove forme e nuove figure, perché i suoi non si trovavano? Perché
non riusciva a mettere insieme i pezzi della sua vita?
Si sentiva solo come il comandante di una nave che cercava la rotta
migliore e un approdo veloce, ma lui, la voleva veramente trovare?
Davanti a lui, il sogno dell'Umanità era crollato miseramente; non era
stato necessario arrivare agli scontri nucleari per mettere in pericolo il
genere umano, era bastato meno, molto meno. Venticinque anni di ulteriore
benessere economico e di progresso scientifico
erano stati sufficienti a spazzare via tutto.
Da quel fragile guscio d'uovo dell'atmosfera, il serpente della fine
era balzato fuori rapidamente. L'isola era stato solo il primo passo, il resto
doveva ancora succedere e lui era sicuro che quel fenomeno, prima o poi, si
sarebbe esteso anche gli altri continenti. La terra che un tempo si era aperta
per dare vita all'Africa, all'Europa, all'Asia e alle Americeh ora si
richiudeva, ritornava al principio.
Città spopolate, palazzi caduti, ovunque trionfava il lichene e il
muschio e gli altri endemismi che frantumavano la consistenza del cemento
armato e degli altri simboli della presunta immortalità dell'uomo del ventesimo
secolo. Altri esseri si erano rinforzati parallelamente all'indebolirsi
dell'uomo e a lui si sostituivano, inesorabilmente.
Città regni di gatti, cani e topi: paesi inghiottiti da radici secolari
che a forza, si aprivano un varco nell'asfalto, nel marmo e nelle resine
sintetiche, tutto ciò che un tempo erano rifugi umani ora, diventavano la
dimora perfetta per gli animali.
Dove era finito quel popolo di pastori erranti, musicisti e poeti?
Stipati nelle stive delle navi, aggrappati alle poltrone degli aerei, avevano
trovato asilo in un mondo che ormai non apparteneva più a nessuno.
Era crudele e dolce insieme ma lui non aveva voglia di stabilire quale
fosse il termine migliore per definire quella sensazione che provava.
Ritornò nella stanza, il giorno volgeva a termine, Marr si era
addormentato nella sedia e lui non aveva nessuna intenzione di svegliarlo.
Raccolse le foto e le rimise nel cassetto.
Improvvisamente aveva capito che il suo compito era terminato e che la
sua presenza, come quella degli altri uomini, era perfettamente inutile.
Sorrise. Poteva essere soddisfatto, ma in fondo era solo felice e per
la prima volta dava al termine felicità, un senso compiuto.
Dal foro centrale del nuraghe, penetrava un fascio di luce che
disegnava nel centro della stanza un piccolo cerchio. Guardandolo a lungo, sentiva che il momento era arrivato.
Guardò nella direzione di Marr, sorrise "presto lo scoprirai anche
tu", pensò ad alta voce.
Poi si mise a sedere sotto la
luce.
Non sapeva bene cosa avrebbe trovato dopo il Grande Salto, ma qualunque
cosa fosse, lui era pronto ad accettarla, amarla e farla sua, questa era la
sola regola per potervi accedere, gli altri, Marr, quelli del Comitato e il
resto degli uomini, lo avrebbero saputo e scoperto, solo se avessero avuto nel
cuore questa chiave d'accesso.
Il disco si allargava: mano a mano che il buio avvolgeva la stanza, la
luminosità del cerchio aumentava,
sentiva il suo corpo sciogliersi dentro quella luce; sentiva il suo
sangue, la sua carne, sbriciolarsi e cavalcare quelle frequenze ottiche, e
diventare leggero, come il pulviscolo che la luce ingigantiva e rendeva
visibile.
Pensava questo mentre chiudeva gli occhi e il suo corpo perdeva
consistenza diventando tutt'uno con la luce che di colpo spariva, lasciando,
completamente buia la stanza.
[1]
Anche se la scienza ufficiale riconosce alla Sardegna una invidiabile solidità
geologica che la rende immune da terremoti ho voluto superare questo principio
raccontano qualcosa di assolutamente immaginario, in realtà la Sardegna è una
terra antichissima e quanto accade nel racconto non potrebbe accadere, ma chi
può dirlo?
[2]
Nome scientifico del "Geotrione Sardo", un piccolo rettile che si
trova solo in Sardegna. E' uno dei più misteriosi animali che si possano
trovare nel bacino mediterraneo. Si tratta di un anfibio dell'ordine degli
Urodeli che vive nel freddo delle profondità delle grotte. Lo si considera ormai
estinto.